Collaborazione Pastorale di Latisana
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I 7 Segni giubilari (base)
I 7 Segni Giubilari
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Una spiegazione di base dei 7 segni legati all'anno giubilare
La Bolla di indizione
I 7 Segni del Giubileo
La sua Storia
Cos'è il Giubileo
In origine (1300) il modo di celebrare il Giubileo coincideva con la visita alle Basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo, quindi con il pellegrinaggio, successivamente si sono aggiunti altri segni, come quello della Porta Santa, della professione di fede, dei gesti di carità uniti a quello della preghiera, del Sacramento della Riconciliazione.
Partecipando all’Anno Santo si vive l’indulgenza plenaria.
Ecco i 7 segni
1 il PELLE-
GRINAGGIO
Il giubileo necessita del mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci si muove, non si cambia solamente di luogo, ma ci si trasforma.
È quindi fondamentale una preparazione, una pianificazione del tragitto e, soppratutto, elemento non sempre scontato, conoscere la meta.
In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo.
Il significato del pellegrinaggio trascende la semplice visita a una destinazione: rappresenta un percorso di crescita, riflessione e connessione più profonda con il divino, con se stessi o con la natura, attraverso il superamento di sfide fisiche ed emotive lungo il cammino.
Abramo, nella Bibbia, è descritto proprio così, come una persona in cammino: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen. 12,1). La sua avventura ha inizio in questo modo e avrà il suo epilogo nella Terra Promessa, dove viene ricordato come «arameo errante» (Dt 26,5).
Anche Gesù inizia il suo ministero con un cammino tra la Galilea verso la città santa del popolo ebraico, Gerusalemme, come riileva ll'evangelista Luca: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,51).
Lui stesso chiama i discepoli a compiere (idealmente) lo stesso viaggio.
Il percorso, in verità, si costruisce man mano che vi si adersisce: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, e i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi.
Anche la contemplazione del creato fa parte di tutto questo ed è un aiuto ad imparare che averne cura “è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà” (Francesco, Lettera per il Giubileo 2025).
Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia.
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02 la PORTA SANTA
Il 24 dicembre 2024 è iniziato l’anno giubilare con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Dal punto di vista simbolico, la Porta Santa assume un significato particolare: è il segno più caratteristico del Giubileo perché la meta del pellegrinaggio a Roma è proprio poterla varcare.
Del resto è la sua apertura a costituire l’inizio ufficiale dell’Anno Santo.
Originariamente a Roma, vi era un’unica porta, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, che è ancora oggi la chiesa più importante del pianeta poiché “mater e caput” di tutte le chiese di Rome e del mondo. Al suo interno c’è la Cattedra del Papa.
Nel varcare la soglia della Porta Santa, al pellegrino viene in mente una frase di Gesù riportata nel Vangelo di Giovanni:“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. (Gv 10,9)
Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore. Del resto, la porta è anche passaggio che introduce all’interno di una chiesa che è non solo un luogo sacro ma anche segno della comunione che lega ogni fedele a Gesù.
Luogo di incontro, di dialogo, di riconcilizione e di quella pace che attendono la visita di ogni pellegrino.
LA PORTA SANTA DI SAN PIETRO
L’attuale porta Santa ha una storia abbastanza recente che ebbe inizio nel 1949, momento in cui papa Pio XII, la aprì alla Vigilia di Natale del 1949.
A realizzarla fu Vico Consorti, scultore senese per il Giubileo straordinario del 1950 e si trova all’estrema destra della facciata della basilica.
Esisteva già una Porta Santa nella vecchia basilica Costantiniana, voluta da papa Sisto IV della Rovere per il Giubileo del 1475.
Inizialmente la Porta Santa, era formata da un muro di mattoni che veniva abbattuto simbolicamente dal papa con il martello lasciando l’accesso libero a tutti anche in orario notturno.
In pratica il muro di mattoni, dopo i tre colpi dati con il martello dal pontefice, veniva calato sopra una sorta di macchinario e i sanpietrini lo allontanavano per liberare l’accesso alla basilica.
Il rito dell’abbattimento simbolico del muro fu cambiato sotto il pontificato di papa Paolo VI.
Il muro di mattoni che sigilla l’ingresso viene rimosso nei giorni precedenti dai sanpietrini dopodiché viene estratta la cassetta rimasta nel muro dall’ultimo Anno Giubilare che custodisce la chiave che consente l’apertura del portone.
Il pontefice in carica si limita ad aprire i battenti in bronzo, proprio come ha fatto anche papa Francesco durante la vigilia del Natale 2024.
Da allora in poi il portone rimarrà aperto fino al 2 gennaio 2026, chiudendo l’accesso alla basilica per motivi di sicurezza solo in orario notturno.
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03 il SIMBOLO DELLA FEDE
La professione di fede, chiamata anche “simbolo”, è un segno di riconoscimento proprio dei battezzati; vi si esprime il contenuto centrale della fede e si raccolgono sinteticamente le principali verità che un credente accetta e testimonia nel giorno del proprio battesimo e condivide con tutta la comunità cristiana per il resto della sua vita.
È una sintesi armonica nella quale ogni parte richiama le altre.
La professione di fede cristiana nasce dalle esigenze interne delle comunità cristiane primitive.
CREDO
Il termine Credo viene usato perché questa è la prima parola di tutte le professioni di fede.
PROFESSIONE DI FEDE
Le sintesi della fede vengono chiamate professioni di fede perché riassumono la fede professata dai cristiani.
La parola simbolo deriva dal greco σύμβολον, sýmbolon, "tessera", "segno di riconoscimento"; derivata invece da συμβολή, symbolé, significa “contributo”.
I Padri ricorsero di preferenza alla prima derivazione nello spiegare perché con tale termine si designa la professione di fede richiesta per l'ammissione al Battesimo, e questo specialmente dopo Rufino e Agostino. La parola greca σύμβολον indicava la metà di un oggetto spezzato (per esempio un sigillo), che veniva presentato come un segno di riconoscimento: le parti rotte venivano ricomposte per verificare l'identità di chi le portava; in tale senso il Simbolo della fede è un segno di riconoscimento e di comunione tra i credenti. σύμβολον passò poi a significare "raccolta", "collezione" o “sommario”.
SIMBOLO
Il fatto che la Chiesa ne prescrive un uso così frequente nella sua liturgia dice già per sé quanto essi servano per rafforzare i legami che uniscono i discepoli di Cristo nell'unica fede.
Esistono varie professioni di fede, che mostrano la ricchezza dell’esperienza dell’incontro con Gesù Cristo.
Tradizionalmente, però, quelle che hanno acquisito un particolare riconoscimento sono due:
- il credo battesimale della chiesa di Roma e
- il credo niceno-costantinopolitano, elaborato originariamente nel 325 dal concilio di Nicea, nell’attuale Turchia, e poi perfezionato in quello di Costantinopoli nel 381.
di seguito i testi dei 2 principali simboli della fede
CREDO
BATTESIMALE CHIESA DI ROMA
CREDO
NICENO-COSTANTINOPOLITANO
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio,
nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi;il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.
Credo in un solo Dio,
Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero
da Dio vero, generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono
state create.
Per noi uomini e per la nostra
salvezza discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo si è
incarnato nel seno della Vergine
Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio
Pilato, mori e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture, è salito al cielo,
siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti, e il suo
regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita, e procede
dal Padre e dal Figlio. Con il Padre
e il Figlio è adorato e glorificato, e
ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa
cattolica e apostolica.
Professo un solo Battesimo per il
perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà.
Amen.
CREDI PER CAPIRE
CAPISCI PER CREDERE
(s.Agostino)
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04 La
CARITÀ
La carità costituisce una caratteristica principale della vita cristiana.
Nessuno può pensare che il pellegrinaggio e la celebrazione dell'indulgenza giubilare possano essere relegati a una forma di rito magico, senza sapere che è la vita di carità che da loro il senso ultimo e l'efficacia reale.
D’altronde, la carità è il segno preminente della fede cristiana e sua forma specifica di credibilità. Nel contesto del Giubileo non sarà da dimenticare l'invito dell’apostolo Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8).
Secondo l'evangelista Giovanni, l'amore verso il prossimo, che non viene dall’uomo, ma da Dio, permetterà di riconoscere nel futuro i veri discepoli di Cristo. Risulta, quindi, evidente che nessun credente può affermare di credere se poi non ama e, viceversa, non può dire di amare se non crede.
Anche l'apostolo Paolo ribadisce che la fede e l'amore costituiscono identità del cristiano; l'amore è ciò che genera perfezione (cfr. Col 3,14), la fede ciò che permette all'amore di essere tale.
La carità, dunque, ha un suo spazio peculiare nella vita di fede; alla luce dell’Anno Santo, inoltre, la testimonianza cristiana deve essere ribadita come forma maggiormente espressiva di conversione.
La carità genera nei cuori degli uomini la misericordia che cerca di soccorrere i poveri, i deboli e i bisognosi.
La carità apre i cuori degli uomini al mondo intero e li rende capaci di mettere il sigillo dell'amore sul mondo mediante la beneficenza, l'elemosina, e la correzione fraterna.
La carità genera nei cuori degli uomini la misericordia che cerca di soccorrere i poveri, i deboli e i bisognosi.
La carità apre i cuori degli uomini al mondo intero e li rende capaci di mettere il sigillo dell'amore sul mondo mediante la beneficenza, l'elemosina, e la correzione fraterna.
Se tutti gli uomini vivessero per mezzo della carità, il mondo diventerebbe quel paradiso che tutti hanno sognato fin dal principio dei tempi.
Iniziamo a renderla feconda in noi nel tempo giubilare che ci viene dato.
“NELLE COSE ESSENZIALI, UNITÀ; NEL DUBBIO, LIBERTÀ;
IN TUTTE LE COSE, CARITÀ.”
(Tommaso da Kempis)
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05 La
RICONCILIAZIONE
Il giubileo è un segno di riconciliazione, perché apre un «tempo favorevole» (cfr. 2Cor 6,2) per la propria conversione.
Dio viene posto al centro della propria esistenza, compiendo un cammino verso di Lui in quanto riconosciuto come al di sopra di ogni bene e aspirazione.
Anche il richiamo al ripristino della giustizia sociale e al rispetto per la terra, nella Bibbia, nasce da una esigenza teologica: se Dio è il creatore dell’universo, gli si deve riconoscere priorità rispetto ad ogni realtà e rispetto agli interessi di parte.
Concretamente, si tratta di vivere il sacramento della riconciliazione, di approfittare di questo tempo per riscoprire il valore della confessione e ricevere personalmente la parola del perdono di Dio.
Vi sono alcune chiese giubilari che offrono con continuità questa possibilità.
E QUINDI?
Il sacramento della Penitenza e Riconciliazione è il sacramento che ci riconcilia con Dio e con i fratelli attraverso il perdono di Dio e della Chiesa per i nostri peccati:
“Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera”. (CCC 1422).
Esso è la via ordinaria per ottenere il perdono e la remissione dei nostri peccati gravi commessi dopo il battesimo ed è allo stesso tempo cammino di grazia e di conversione, speciale incontro con l’amore di Dio.
COS'É LA CONFESSIONE
UNREQUISITO FONDAMENTALE
Il requisito fondamentale per una buona confessione è quello di avere l’intenzione di ritornare a Dio con tutto il tuo cuore, come “figliol prodigo”, e di riconoscere i tuoi peccati con vero dolore davanti al sacerdote.
La società moderna ha perso il senso del peccato. Come amici del Signore Gesù, dobbiamo fare uno sforzo per riconoscere il peccato nelle nostre azioni quotidiane, nelle parole e nelle omissioni.
I Vangeli mostrano l’importanza del perdono dei nostri peccati.
Le vite dei santi dimostrano che una persona che cresce in santità ha un senso più forte del peccato, ne è addolorato e ha una forte propensione al sacramento della Riconciliazione.
Non c’è da stupirsi che i Santi siano pieni di gioia! Hanno capito che la chiave per consegnare i loro fardelli a Cristo è il sacramento della confessione che li rende liberi di servire Lui con amore ed energia.
BENTORNATO A CASA
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06 L'
INDULGENZA GIUBILARE
Papa Francesco nella bolla “Spes non confundit” ricorda che l’indulgenza “permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio”.
L’indulgenza permette di liberare il proprio cuore dal peso peccato, perché la riparazione dovuta sia data in piena libertà.
Affrontiamo la questione di cosa sia l'Indulgenza plenaria utiilizzando un esempio per analogia.
ESATTAMENTE COS'É
L'indulgenza plenaria può essere paragonata a una cura completa che un medico offre a un paziente. Quando pecchiamo, nella nostra anima rimangono come delle cicatrici del peccato, anche dopo il perdonoricevuto nella Confessione: siamo in grazia di Dio, ma può rimanere l'abitudine al peccato.
L'indulgenza plenaria rimuove completamente queste cicatrici, guarendo l'anima e preparandola a una vita nuova, libera dai segni del peccato. Come un medico che non solo cura la malattia ma anche le sue conseguenze, l'indulgenza offre una guarigione totale.
Evidentemente, anche dopo che il peccatore pentito ha ricevuto il perdono di Dio, l’«impronta negativa» rimane e, per quanto possibile, va «riparata» grazie a un cammino di conversione.
Qualora non si ponesse rimedio alla pena temporale prima di "varcare le soglie di questa vita", essa verrà“scontata” nel purgatorio.
La necessità di un percorso penitenziale anche dopo aver ricevuto l’assoluzione non implica la svalutazione del perdono di Dio, che è gratuito, totale e senza riserve nel momento in cui il peccatore è riconciliato con Dio e con la Chiesa.
L’Indulgenza è uno dei modi attraverso cui la Chiesa si fa carico di sostenere la nostra debolezza, affinché ci sia dato di realizzare una conversione profonda ed efficace, eliminando anche «l’impronta negativa» che i peccati – nostri o altrui – hanno lasciato nel mondo.
Questo aiuto la Chiesa lo offre attingendo al «tesoro dei meriti di Cristo e dei Santi»: il misterioso legame di comunione che, in Cristo e per mezzo di Cristo, ci unisce alla vita di tutti gli altri cristiani nell’unità della Chiesa.
GESU' TI DONA LA PACE VERA, QUELLA DEL CUORE
GESU' TI DONA LA GUARIGIONE VERA, QUELLA DELL'ANIMA
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07 la PREGHIERA
Quello della preghiera è quasi un istinto presente in tutti gli uomini e tutte le donne di tutti i tempi.
Da sempre l’uomo prega. Si potrebbe dire che quello della preghiera è quasi un istinto presente in tutti gli uomini e tutte le donne di tutti i tempi. Di solito questo “istinto” emerge nei momenti di difficoltà, ma anche nei momenti di grande gioia.
A mano a mano che Dio si rivela e rivela l'uomo a se stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di alleanza.
Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore.
Si svela lungo tutta la storia della salvezza.”
Vi sono molti modi e molte ragioni per pregare; alla base vi è sempre il desiderio di aprirsi alla presenza di Dio e alla sua offerta di amore.
La comunità cristiana si sente chiamata e sa che può rivolgersi al Padre solo perché ha ricevuto lo Spirito del Figlio.
La preghiera è un “avvenimento” in cui il Cielo e la Terra si incontrano: l’Altro e la persona nella sua unicità sembrano ritrovarsi poiché è nella natura di Dio amare la sua creatura e, questi, per grazia, ma non solo, ritrovarsi in Lui.
L'uomo è “capace di infinito” e l'infinito desidera farsi conoscere.
COS'É LA PREGHIERA
LA PREGHIERA CRISTIANA
La preghiera cristiana è la preghiera di Cristo.
La sua è la preghiera di lode, di benedizione, di intercessione, di invocazione rivolta al Padre.
Così la Chiesa tutta, ogni singolo credente in Cristo entra nella melodia di Cristo, si muove nella consonanza della preghiera di Cristo.
La preghiera cristiana è proprio la preghiera dello Spirito di Cristo. È Lui che ci fa gridare: «Abbà, Padre», che nutre i desideri affinché diventino desideri di Dio, sete di comunione con Dio. Possiamo dire che la preghiera cristiana è specificatamente l’invocazione dello Spirito: ci rivolgiamo al Padre, attraverso il Figlio, nella potenza dello Spirito Santo.
La preghiera è una parola che entra, costruisce, fa, compie la relazione tra l’Io umano e l’Io divino. Il suo contesto che definiamo “naturale” è quello dialogico, in cui il Tu divino chiama o con-voca l’Io umano e lo conduce alla relazione. Se il rapporto “Io-Tu” è la struttura costitutiva della preghiera, quella cristiana fonda questa relazione nella Rivelazione.
A Dio si va con Dio, con il Figlio, nel quale siamo tutti figli e ci fa conoscere il Padre, ossia, in senso giovanneo, ci fa entrare nella possibilità dell’amare. Questo è l’agire dello Spirito.
COSA FA LA PREGHIERA
IL SUO FONDAMENTO
Nella sua riflessione sul Padre nostro, Simone Weil conclude in questo modo… fondante: «noi gli apparteniamo. Egli ci ama, perché ama se stesso e noi siamo cosa sua. Ma è il Padre che è nei cieli. Non altrove.
Se noi crediamo di avere un padre quaggiù non è lui, ma un falso dio.
Non possiamo fare un solo passo verso di lui: non si cammina verticalmente.
Possiamo dirigere verso di lui soltanto il nostro sguardo».
SANTA PREGHIERA!
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